Sostenibilità è un’idea che guarda al futuro. Idea moderna, di bruciante attualità, giacché non ci sono dubbi che i nostri metodi di sfruttamento dell’ambiente – non solo a fini alimentari, evidentemente: ma è di questi che parliamo ora – rischiano di fare terra bruciata sotto i nostri piedi, cancellando ciò che la cultura umana ha costruito nei secoli, in termini di saperi, di pratiche e di usi alimentari. Oltre un certo limite, le risorse cominceranno a mancare e imparare a usarle in modo sostenibile (per l’ambiente e per le persone) sarà il solo modo per salvaguardarle.
Mentre guarda al futuro, questa preoccupazione ha l’occhio rivolto al passato. Generazioni di contadini e di pastori hanno, nei secoli, trasmesso forme di cultura che per necessità erano sostenibili. Non perché quei contadini e quei pastori fossero più buoni di noi. Semplicemente perché vivevano sulla loro pelle i rischi di uno sfruttamento eccessivo dell’ambiente. Mi viene in mente la prudenza con cui i contadini medievali si applicavano a disboscare terreni nuovi: dovevano farlo, quando la popolazione cresceva e cresceva il bisogno di cibo; ma lo facevano nei limiti dell’indispensabile, perché il bosco serviva a mille necessità inderogabili della vita quotidiana: legna, pascolo, raccolta… Quando ci si spingeva oltre (anche in passato è successo) era perché prevalevano interessi diversi: soprattutto l’ansia di profitto dei proprietari terrieri, che incentivavano la messa a coltura del territorio per incrementare entrate e ricchezze. Non pensiamo che “una volta” tutto funzionasse alla perfezione, in un rapporto armonico fra uomo e natura. I meccanismi del potere hanno sempre avuto un ruolo importante nel determinare il rapporto con l’ambiente: interi boschi – per dire – sono stati spazzati via per costruire arsenali militari. Oggi i problemi sono diversi, resi particolarmente gravi, anzi critici, dal fatto che la tecnologia ha raggiunto un livello di invasività che, combinato alla crescita esponenziale della popolazione, mette a rischio non solo la vita degli uomini, ma la stessa sopravvivenza del pianeta.
La correzione delle abitudini alimentari, la scelta di puntare su preparazioni essenziali e sulla riduzione degli sprechi – in questo è maestra la tradizione popolare, base indiscussa della cucina italiana – sarà un modo per contribuire a salvaguardare il futuro. Rovesciando un paradigma caro alla società dei consumi, sono le nostre scelte, i nostri consumi a orientare i modi di produrre. Non sarà la nostra cacio e pepe a salvare il mondo, ma la sua semplicità, e la semplicità di tante ricette contadine, è un buon modo per cominciare a immaginarlo.