Gli uomini, secondo la definizione di Aristotele, sono “animali sociali” naturalmente portati a fare le cose insieme. L’aspetto pratico di tale propensione (dare maggiore efficacia alle proprie azioni) si accompagna a un aspetto mentale e simbolico: sentirsi più sicuri e protetti, sentirsi parte di una comunità.
Tutto il percorso del cibo si sviluppa in maniera collettiva. Il riconoscimento delle risorse, le attività di raccolta o di coltivazione, i modi di distribuzione, le pratiche di conservazione, la trasformazione e preparazione del cibo nell’attività di cucina sono tutti momenti che in modi diversi si condividono con la comunità. Il gesto finale del percorso, quando il cibo finalmente si mangia e si incorpora, è davvero paradossale: tecnicamente è il più individuale e fisiologico che si possa immaginare; ma proprio qui si addensano e si intensificano quei valori di socialità che conferiscono al gesto significati di particolare intensità emotiva. Come scrive un altro filosofo dell’antica Grecia, Plutarco, “gli uomini non si invitano l’un l’altro per mangiare e bere, ma per mangiare e bere insieme”. È così che scattano le relazioni, gli affetti, che fanno del cibo – ben oltre il suo valore nutrizionale – il segno decisivo dell’appartenenza sociale e dell’identità di gruppo.
La condivisione del cibo trasforma il momento del pasto in un’occasione per rappresentare la comunità e i rapporti fra le persone. Anche perché il cibo, strumento per vivere, è la più perfetta metafora della vita: convivio – la parola che indica la condivisione del pasto – etimologicamente significa “vivere insieme”. Mangiare insieme significa vivere insieme.
Il grande piatto di pasta, e gli altri piatti di portata che in passato si mettevano al centro della tavola, per condividerli fra i commensali, erano il simbolo della comunità. Poi è venuto di moda l’impiattamento, cioè il servizio su piatti individuali, che offusca il senso della condivisione. Ma diversi cuochi stanno rivisitando le antiche abitudini, più ricche di affetti e di calore.